20-21/01/2018, Grotta di Monte Cucco
Questa volta mi sono preso alcuni giorni prima di scrivere il resoconto altrimenti se dovevo commentare a caldo l’uscita mi sarei fatto condizionare troppo dai lividi e dolori vari che ancora mi porto dietro.
Dopo giorni di incertezza si decide, andremo allo Smussa Anche. Con tutte le possibilità che abbiamo scegliamo quella più masochistica, d’altronde l’anno va iniziato subito alla grande.
Sono 21 mesi che non torniamo laggiù, consapevoli del potenziale ma allo stesso tempo frenati dalla scomodità del ramo dando così la precedenza ad altre zone del Cucco. Saremo in 5 suddivisi in due squadre, la prima composta da me (Matteo), Roberto e Mario con l’obbiettivo di partire presto ed iniziare il lavoro mentre la seconda composta da Lorenzo e Lucia di supporto che entrerà con calma.
Tra ritardi, colazioni lunghe, preparazione materiale e perdite di tempo varie ci ritroviamo tutti e 5 insieme al Canin, decidiamo quindi di suddividerci il materiale e procedere come unica squadra. La progressione all’interno dello Smussa si fa lenta, i pesanti sacchi sono come un macigno, arriviamo alle strettoie, quelle più scomode da affrontare, cazzo non me le ricordavo così strette, chissà perchè avevo un ricordo leggermente diverso di questo tratto. Arriviamo alla pozza, Roberto si fa carico di passare per primo e attivare il tubo che svuota la condotta mentre noi dovremmo attendere 20 minuti prima che il livello dell’acqua si abbassi. Una volta svuotato riprendiamo la lenta progressione fino al limite esplorativo.
Arrivati sul posto mi spengo come un’interruttore, sono stanco, non me la sento di lavorare sulla faglia per la quale abbiamo fatto tanta strada, cedo volentieri il privilegio agli altri mentre io mi rannicchio da una parte, a tratti dormendo anche. Spero di svegliarmi dall’altra parte della faglia dove si intravedono ambienti percorribili ma niente, l’unica cosa che mi sveglia è il gran freddo che sento complice il costante flusso d’aria che questa stretta spaccatura ci spara addosso. Prima Lucia poi un telo termico e fornello sono l’unico conforto che per qualche ora non mi fanno pensare alla strada che da li a breve avremmo dovuto rifare per raggiungere il campo al Canin mentre Roberto, Lorenzo e Mario si alternano li davanti nel vano tentativo di rendere raggiungibile quello slargo che sembra irraggiungibile.
Inesorabile scocca l’ora x, per la seconda volta siamo stati respinti dal mostro, la stanchezza si fa sentire ed ogni minuto che passa ti fa maledire questo posto e la frase ricorrente ad ogni punta esplorativa fatta in questo “nostro ramo” è sempre la stessa; ma perchè? Perchè ci siamo tornati ancora una volta, ma tanto questa è l’ultima. Si riparte con Roberto, Lucia e Mario avanti mentre io e Lorenzo ci dedichiamo al rilievo dell’ultimo tratto che la volta precedente non avevamo portato a termine. Ultimato il rilievo risaliamo fino al Pozzo Geode dove recuperiamo alcuni cristalli e documentiamo le dimensioni del Geode che si trova lungo la verticale del pozzo. Sia chiaro, i cristalli presi non serviranno ad abbellire qualche bacheca ma verranno usati per fare una datazione sulla formazione degli stessi. Raggiungiamo gli altri poco prima della pozza, i quali nel frattempo avevano allargato uno stretto passaggio rendendolo più agevole. Da qui in avanti solo sofferenza, passo dopo passo fino ad arrivare finalmente al Canin alle 06:30. Il resto è solo qualche ora di sonno e la risalita fino all’uscita la domenica intorno le 17:00.
Che dire, a mente fredda lo Smussa lo vedi con occhi diversi, se scrivevo subito il resoconto avrei detto semplicemente che è un posto di merda e che chiude, ma non è cosi, chiude soltanto se non ci credi veramente che li sotto la grotta continua. Ne sono sicuro, fino ad ora ci ha fatto soltanto sentire il suo respiro ma un giorno il mostro si farà vedere ripagando i nostri sforzi e poi basta guardare il rilievo per capire che ne vale veramente la pena.
Matteo
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