1-2-3 giugno 2018, Bus della Genziana e Buca del Castel Sotterra
I nostri eroi sono partiti alla spicciolata da Perugia diretti in quel di Treviso per “esplorare” grotte nordiche. Grazie a Google Mappe, ogni automobile ha fatto una strada diversa, incagliandosi in incidenti sull’autostrada o perdendosi per le strade della pianura padana in cui, come si sa, non ci sono riferimenti geografici evidenti e ci si deve orientare con il sole, quando c’è. L’obiettivo, per i primi a partire, era una famosa cantina in cui degustare del vino, quello buono… peccato che chiudesse alle sei e, per quell’ora, tutti (tranne Michela e Luca già “in loco” per l’accoglienza) fossero ancora per strada. Anche l’agriturismo in cui si doveva cenare era chiuso, quindi i nostri eroi di cui sopra hanno dovuto ripiegare su una più modesta cenetta alla sede del Gruppo Grotte di Treviso, che qualcuno ha lamentato un po’ pesante.
Una nota positiva il bellissimo posto in cui hanno la sede quelli del GGTreviso: un edificio ex manicomio (che di meglio, per un gruppo speleo?) nel mezzo di un parco, con accanto la zona orti cittadini, munita di coltivatori diretti part-time, e il recupero animali selvatici con gabbie con un’aquila (“NO! Non è un’aquila, non ha le penne sulle zampe!” ha sentenziato Urbanelli), dei falchi, piccioni e tortore, e un recinto con un caprioletto zoppo, cigni, anatre e una lepre timidissima che ha visto la Vale, si è spaventata e non si è fatta più vedere da nessuno. Anche a cena, abbiamo goduto dell’ospitalità dei locali, facendo un gemellaggio con scambio di vino, superalcolici e dolci con i simpatici proprietari degli orti cittadini.
I ritardatari che erano partiti da Perugia dopo aver lavorato (ah! lavativi!) speravano sul fatto che gli altri avrebbero bevuto troppo e quindi sarebbero partiti tardi la mattina dopo, e invece no: sveglia alle cinque e mezzo alla Fantozzi. Per fortuna i letti del GGTreviso erano comodi e quelle poche ore qualcuno ha dormito… non tutti, perché qualcuno si è cimentato in una gara di cuscinate con bersaglio Urbanelli che, per fortuna, ha smesso presto (più o meno…) di russare.
La mattina del sabato, alle cinque-cinqueemezza-sei a seconda del cerchio alla testa di ciascuno, colazione con il materiale procurato dai prodi organizzatori Luca&Luca (grazie anche a Karla&Michela) e il dolce fatto dalla Vale (non conteneva lepre). Poi, tutti in macchina per andare in Cansiglio!
La priorità, arrivati sul bellissimo altipiano, era trovare un bar in cui prendere il caffè. Senza, nessuno sarebbe stato in grado di entrare in grotta e tantomeno uscirne illeso. Peccato che, essendo presterrimo, nessun bar della zona fosse aperto e quindi abbiamo dovuto aspettare. Il bar prescelto, tale “bar Bianco”, era anche punto vendita di un caseificio, e quindi ci ha fornito robbabbuona a profusione, tanto che poi ci siamo tornati anche usciti (ebbene si, nonostante le premesse, siamo riusciti ad entrare e addirittura anche ad uscire tutti quanti). Se vi capita di andare in Cansiglio, fermatevici: non vi potete sbagliare, c’è una strada sola, e il bar a un certo punto è a destra. Consigliatissimi i tortini alla ricotta e lo yoghurt, per cui stiamo progettando un business di import-export.
Iniziato l’effetto del caffè, con lui ha iniziato a prendere il sopravvento la curiosità di vedere il tanto atteso “Bus della Genziana”; foto di rito davanti al bar e per cambiarci si spostano le macchine più vicino alla grotta (non erano molto distanti, ma si parcheggia proprio sopra al tombino di ingresso. Ce ne fossero!)
Si decide di fare due squadre: una con “i profondisti” con Luca I. a far da cicerone e un’altra, più variegata, composta da chi arma, chi controlla chi arma, chi ha il raffreddore e sta maluccio, chi è pigro e non ha voglia, chi per un motivo chi per un altro… più i tre trevisani che ci hanno fatto compagnia durante l’uscita.
L’obiettivo, per entrambe le squadre, è di trovarsi tutti sotto il pozzo da 35 (più o meno) e risalire poi con calma approfittando del prode lavoro degli armatori il cui compito principale era quello di montare altre due vie di risalita per il pozzo iniziale da 45m e di doppiare il 35 per velocizzare la risalita del gruppo.
La grotta era molto bella: varie scalette di metallo iniziali portano al pozzo da 45, poi si entra in una serie di pozzetti e meandri; un traverso un po’ ostico fa chiedere a tutti se passare sopra o sotto (le due filosofie restano ferme sulle loro opinioni anche al ritorno), poi un pozzo finale che porta in una grossa sala. Lì ci si ferma tutti per pranzo.
“Profondisti experience”: «Arrivati al salone sotto il 35, tra brodo e cibarie varie ci perdiamo in chiacchiere mentre alcuni provano a scendere il così agognato pozzo da 60 (pare scaricasse per cui si doveva scendere uno per volta ed era da valutare la quantità di acqua presente). Quando iniziano ad arrivare i primi del “gruppo armatori/svogliati/malaticci etc” anche l’avanscoperta torna ma con scarso successo…la corda non basta! Sapendo di avere una corda inutilizzata chiediamo a chi sta scendendo di portarcela. Ecco che arriva Michela con il sacco corde; ci si riprova incuriositi ed affascinati dalla grotta! Questa volta i “temerari” saremo io (Simone), Claudia e Lorenzo Scialò. Due chiacchiere con Luca per maggiori dettagli su cosa ci aspettava sotto al 60, ci “armiamo” di moschettoni e sacco e ci avviamo. L’armo procede spedito e, strecciando la corda incastrata all’inizio ci accorgiamo, all’ultimo frazionamento, di esserci portati “inutilmente” il sacco… la corda arriva a terra! La discesa offre un meraviglioso scenario, il pozzo ha un andamento spiraleggiante che ci costringe a diversi, lievi, “cambi di direzione”, non c’è traccia di acqua e, per fortuna, non “scarica” nemmeno così tanti sassi come dichiaratoci. In poco tempo siamo alla base, lasciamo il sacco corda e tornando col pensiero al gruppo che doveva ancora finire di scendere (e poi risalire), vuoi per curiosità, vuoi perché non avevamo voglia di sentir freddo ad aspettare fermi che risalissero tutti, decidiamo di addentrarci ancora un po’ nel cuore della Genziana. Poco davanti a noi troviamo il “campo” che tutto è tranne il nostro concetto di campo dello “chalet con acqua corrente” del Canin (4 teli in una nicchia al riparo dall’acqua della piena) e dopo di esso percorriamo il fondo di un meandro fino a raggiungere, passando per un cunicolo che ci costringe a gattonare, “il ramo dei traversi”. I traversi non son proprio simpaticissimi ma uno dopo l’altro proseguiamo; la voglia di vedere cosa c’è oltre ciò che illuminiamo ci accompagna. Breve risalitina di uno scivolo fangoso, pietraia in discesa e di nuovo traversi che ci portano all’attacco (abbastanza dubbioso) di uno scivolo che porta poi ad un buco circolare… sarà o non sarà il 70!? La curiosità è tanta ma si sta facendo tardi; non vogliamo che gli altri debbano aspettarci e quindi decidiamo di tenerci il raggiungimento del fondo come obiettivo motivatore della prossima volta che ci si andrà e ci avviamo verso l’uscita. Percorso a ritroso, giunti sotto al 60 recuperiamo il sacco con la corda, disarmiamo il pozzo e ci avviamo spediti verso l’uscita raggiungendo gli ultimi degli altri che si accingevano a risalire il pozzo d’ingresso. La grotta è stupenda, un susseguirsi di pozzi e meandri bellissimi, un po’ come fosse una sorella del nostrano Chiocchio (va beh, io son di parte) questa volta l’uscita ci ha richiamati prima del voluto ma il conto in sospeso col 70 e col fondo resta aperto..a breve ci rivedrà.»
Fuori dalla grotta ci aspetta la pioggia, ma anche (ulteriore lusso) un fontanile in cui lavarsi. Molto comodo, sarebbe da proporre agli Uomini Originari e al Signor Chiocchio 🙂
A cena, tutti al Gruppo Grotte. Si sono uniti a noi anche alcuni trevisani, che poi sono venuti anche con noi in grotta il giorno dopo, che hanno potuto gustare con grande gioia del palato i manicaretti preparati dalle Sante Mamme: i fagioli con le cotiche di Madame Bussolati e la pancetta in porchetta di Mamma Urbanelli. Dolci sempre della Vale, nocino dell’Eugenia (non finito, qui casca l’asino… si dice che i veneti siano bravi bevitori, in realtà…)
Domenica partenza sempre a ore improbabili, anche causa riassetto degli alloggi per potercene andare lasciando tutto in ordine, e via verso la seconda grotta: il Bus del Castel Sotterra, nella zona di Montello. È una grotta nel conglomerato, anzi, la più grande d’Europa (dice il cartello che c’è davanti): 7km di estensione. Grazie alla cauta guida dei trevisani, che ci ha evitato di perderci, ci siamo avventurati in questo dedalo di gallerie molto belle e bitorzolute, che ci hanno lasciato diversi ricordi su gambe e braccia… ma tanto, altrimenti in grotta non vale, no? Nel salone terminale, o almeno quello che abbiamo raggiunto, un bellissimo presepe di fango costituito da falli (perché chi l’ha fatto avrebbe voluto fare torri, ma gli sono venuti solo falliformi) è stato ulteriormente arricchito di un uccello (che è comunque in tema), di una bottiglia di vino + scodella e di una torre con terrazzino colonnato mirabilmente eseguita da Francesco. Fuori, un caldo micidiale e un’umidità, se possibile, a più del 100% genera una vegetazione quasi tropicale. Spuntino alle macchine, poi via verso una trattoria baretto ristorante zoo lì vicino (lo zoo comprendeva, a parte gli speleologi, asini, capre, oche cattivissime e fagiani multicolori, e anche un cane nero che girovagava per i tavoli nonostante i ripetuti richiami all’altoparlante).
Al ritorno, gara a chi arriva prima all’autogrill con tattiche tecnologiche su “condivido la mia posizione con WhatsApp o no”. Rientrati tutti, lavaggio materiale, Urbanelli parte subito, smadonnando, per andare a recuperare un tipo che si era schiantato con il parapendio.
Presenti (in rigoroso ordine casuale)
Karla, Luca B, Michela, Luca I, Francesco P, Eugenia, Alessandro U, Valentina, Claudia, Simone, Alfredo, Alessandra, Nadia, Moreno, Lucia, Barbara, Lorenzo S.