25/11/2017, Grotta di Monte Cucco
E’ da molto tempo che non tornavo nelle zone profonde, bloccato fisicamente e forse ancor più psicologicamente da una maledetta tendinite, ormai diventata più che un dolore una paranoia. Altre volte in questi mesi avevo tentato di pensare di andare, ma alla fine avevo sempre rinunciato. E’ proprio assurdo come un lieve dolore al trocantere possa diventare un problema insormontabile. Finalmente, questa volta, non ho dato la sola.
Da tempo Matteo ha in testa di andare a controllare alla Cascata Bianca. Durante l’esplorazione di questa zona è stata seguita la via principale, quella che segue l’acqua della cascata in fondo alla sala, e che proseguendo porta al nuovo fondo. Probabilmente nessuno dei primi esploratori si è soffermato a verificare a fondo cosa ci fosse in cima alla stupenda colata di concrezioni bianchissime che danno il nome alla sala. Effettivamente lo scorrimento è quasi inesistente, un velo d’acqua impercettibile, ed ad un primo sguardo non sembra ci siano prosecuzioni importanti al disopra. Ma guardando meglio, con una luce più potente, si riesce a vedere una rientranza in alto a destra, ed un gradino in cima alla colata. Cosa c’è sopra.. Continua?
Siamo in 2, Francesco e Matteo, appuntamento in sede alle 07:45. Mentre aspetto Matteo che non si è svegliato incontro Minna che di prima mattina è venuto a riportare i caschi per Perugia Sotterranea. Colazione alle Camille dove incontriamo gli altri per lasciare un casco a Lorenzo Scialò, loro vanno a farsi un giro verso il Gitzmo. Arrivati al parcheggio a pian di Monte ci accoglie il solito vento, ma a differenza dal solito viene da sud, non è poi cosi freddo e nel primo tratto ci sospinge aiutandoci a salire. Salutati gli altri ai Laghetti Terni ci avviamo spediti verso il nostro obbiettivo. Mentre scendiamo, sudati dal ritmo incalzante, ci soffermiamo di tanto in tanto ad osservare la grotta e riflettere sulla speleogenesi, freschi del corso di aggiornamento frequentato pochi giorni prima.
Arrivati al Canin recuperiamo la corda per la risalita e messe le ginocchiere ci infiliamo nei Cunicoli del Vento. Fatte le solite inevitabili considerazioni del tipo “me li ricordavo più corti” finalmente arriviamo in fondo. Da li sinistra, poi destra, breve meandro e si risale verso la sala della Cascata Bianca. Da quando il GLD ha allargato la strettoia verticale poco prima della sala non ci ero più tornato. Certamente è più comodo adesso, ed è più sicuro in caso di infortunio, ma la sensazione che provo è che manchi un passaggio importante, che caratterizzava irrimediabilmente l’esperienza e che rendeva unico quel percorso. Comunque ci si infradicia ancora.
Quando si arriva nella sala lo spettacolo è sempre affascinante, alla base usa serie di pozze completamente ricoperte di cristalli di calcite, sul fondo uno scroscio d’acqua assordante ed alla destra una maestosa colata bianchissima, ancora immacolata. Mi piacciono sempre le zone attive, dove l’acqua dà vita alla grotta. Ci mettiamo subito in moto: Matteo inizia a risalire e Francesco fa sicura. Scegliamo di risalire lateralmente alla colata in modo da non rovinarla e poi traversare in cima. Dopo 3 multimonti ed un naturale, e 15 metri verticali guadagnati, Matteo arriva alla rientranza laterale che faceva ben sperare… niente, purtroppo una semplice rientranza profonda, creata dalla forte corrosione dei fluidi acidi ipogenici. In questa sala, come in molte atre zone del Cucco, sono evidenti le tracce di una prima massiccia corrosione ipogenica dovuta ai flussi di acqua solfurea e ricca di CO2 provenienti dal basso che hanno poi lasciato spazio ai fenomeni epigenici vadosi tuttora in vita.
Decidiamo di darci il cambio prima di traversare a sinistra verso l’arrivo della colata. Lascio il mio piumino a Matteo (a fare sicura prende freddo velocemente) e salgo, lui mi segue subito dopo per farmi sicura dalla sosta appena creata. Inizio a traversare, spingo con i piedi sulla parete in opposizione alla corda che mi trattiene per allungarmi il più possibile a sinistra e ridurre cosi il numero di attacchi necessari. Matteo mi guarda, e mi da corda, mentre io avanzo lentamente a chiappe strette. Arrivato al balconcino da cui inizia la colata metto l’ultimo multimonti del traverso, e mi tiro su… “Chiudeee”. In piedi sul terrazzo sommitale della colata scruto in cerca di un proseguimento. Ma davanti a me vedo le solite nicchie ed una piccola fessura sul soffitto. Da li proviene il leggerissimo scorrimento che crea appena sotto il velo d’acqua che copre tutta la colata bianca. Chiude? In realtà la grotta continua eccome, ma purtroppo non ha le dimensioni adatte ad essere percorsa. Conosciamo solo una piccolissima parte dell’estensione reale delle grotte, solo la parte percorribile dall’uomo o dai suoi mezzi.
Certo se avessimo potuto proseguire saremmo stati più contenti, ma siamo comunque soddisfatti del lavoro fatto per toglierci uno dei dubbi rimasti aperti. Dopo un breve spuntino ci incamminiamo spediti. Usciamo in tempo per goderci la solita pizza di dovere al Villanita.
Francesco
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