18/03/2017, Grotta di Monte Cucco.
Torniamo alla Regione Urbinate, questa volta siamo in quattro, tutti del GSCAIPG. Durante la discesa ci soffermiamo nella sistemazione e sostituzione di alcune corde lesionate. Arrivati alla Regione Urbinate ci dividiamo in due squadre: la prima composta da Lorenzo e Fabrizio che prosegue la discesa del ramo attivo con l’obbiettivo di sistemare alcuni armi e proseguire il riarmo del P60 iniziato la settimana precedente, mentre la seconda squadra composta da Matteo e Lucia inizieranno il rilievo del ramo fossile.
Gli accordi sono che alle 16:30 “dove siamo siamo” rigiriamo, lasciando al bivio un segnala all’altra squadra per far capire l’avvenuto passaggio. La seconda squadra inizia il rilievo del ramo fossile chiamato 2001:Odissea nell’Ospizio, Lucia da brava donna spennella con lo smalto rosso i punti accuratamente scelti mentre Matteo si destreggia al doppio ruolo di rilevatore e disegnatore. Si procede spediti rilevando ogni minimo anfratto, la galleria è praticamente orizzontale, comoda e asciutta tranne per un piccolo laghetto che costringe il bagno dei piedi, subito scongiurato dalla creazione di una piccola isola fatta con dei massi trovati lungo la galleria. Continuiamo fino a quando la condotta fossile si incontra con un meandro attivo, qui decidiamo di lasciare la via principale e proseguire il rilevo del meandro attivo risalendolo fino a quando l’orologio segna le 16:30, orario prefissato per ritornare indietro. Lasciamo un caposaldo da dove ripartiremo con il rilievo la prossima volta e torniamo al punto dove ci eravamo separati con la prima squadra ma non troviamo il segnale del loro passaggio, piccolo spuntino, recuperiamo l’attrezzatura e iniziamo la risalita.
I racconti della precedente uscita assicuravano un bel bagno per la prima squadra che si è prontamente portata dietro degli impermeabili. Fabrizio ha soltanto la parte sopra e non basta a proteggerlo dagli obbligatori passaggi sotto la copiosa cascata del pozzo da riarmare. Zuppi fradici non demordiamo e procediamo, alternandoci, con il riarmo del pozzo proseguendo con la corda recuperata giù per un vuoto a noi sconosciuto. Un luogo remoto e abbandonato da tempo richiede una particolare cura nell’armo oltre ad un buon pelo sullo stomaco. Arriviamo al centro di una sala e ci fermiamo sopra una terrazza pensile fatta da un grosso sasso di crollo; balbettando dal freddo e in ritardo sull’orario decidiamo di rigirare alle 17,30.
Al bivio notiamo che i nostri compagni di squadra si sono già avviati e cerchiamo di oltrepassare velocemente gli intrighi della galleria fino ad arrivare alla base del comodo Pozzo Gitzmo. Urliamo stabilendo un contatto ma senza che venga espresso un vero e proprio concetto comprensibile, nonostante le parole non giungano in maniera usuale, dai toni filtra che sta andando tutto liscio per i “4 pupazzi di fango”.
Abiti asciutti ed un pasto caldo al Villa Anita, il segreto per raggiungere un’altra tappa della felicità giornaliera.
C’è ancora molto da fare prima di ultimare la visita di questa intrigante e remota zona.
Matteo e Lorenzo
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