5-6/12/2015, Grotta di Monte Cucco.
E’ sabato mattina e sono le 7,30. Appuntamento a Ponte San Giovanni, siamo Lucia, Matteo, Lorenzo e ci uniremo a Nadia a Sigillo alle 8,30.Tra colazione, preparazione dei sacchi e del materiale e avvicinamento, siamo dentro verso le 11.
Lucia e Nadia si avviano, mentre Lorenzo e Matteo si trattengono un po’ al Perugia per calibrare il distoX…; ci fermiamo ai Barbari per mangiare e mentre percorriamo la Burella, Matteo e Lorenzo ci raggiungono.
Unico dato di rilievo, la corda del secondo tiretto del Baratro (mi sembra) è stata accorciata da un nodo perché gravemente lesionata e non lascia spazio nemmeno per la mezza chiave. Tutto prosegue senza note particolari fino alla base del terzo ramo dopo i Cunicoli del Vento. Da qui in poi per me è tutto nuovo.
Si comincia la lenta risalita delle corde, una dopo l’altra tutte a forza di pedale e di pantin, gambe, braccia e addominali ovviamente, sacco al seguito. Progrediamo tutti e quattro uno dopo l’altro. Questa parte della grotta fa pensare ad un sistema diverso rispetto al Cucco che ho visitato fino ad oggi, pozzi verticali levigati e meandri di collegamento, arriviamo in Sala Agnese dopo circa 5 ore dall’ingresso senza nemmeno troppa stanchezza addosso.
Il tempo di posare i sacchi e preparare il materiale per il rilievo oltre ad una corda con relativi attacchi, farci un brodino e siamo di nuovo pronti per svolgere il lavoro che ci eravamo prefissati: rilievo del “Fatte i cazzi tui”. Saliamo per le “Tre corde” e prima di cominciare il lavoro, Matteo e Lorenzo ci portano a vedere il pozzo Cristiano. “Mettete la longe e affacciatevi…” si apre ai nostri occhi uno spazio enorme, il pozzo Cristiano ci lascia a bocca aperta.
Ora siamo pronti per il rilievo: Lucia va avanti armata di smalto per unghie rosa fucsia con brillantini (nuovo strumento adottato per segnare i punti di rilievo), di seguito Lorenzo e poi Matteo, Nadia entra per ultima, ma andrà avanti ad armare per la progressione. Il passaggio è stretto, (ammazza se è stretto!) tra un’imprecazione e l’altra riusciamo ad attraversarlo e a calarci su un terrazzino da dove si intravede quella che dovrebbe essere Sala Agnese. Proseguiamo con una risalita di Lorenzo assicurata da Matteo. Lorenzo cambia intonazione di voce e luce negli occhi, intravede la possibilità di una prosecuzione verso una zona non ancora esplorata. Presi tutti da entusiasmo andiamo avanti con cautela, sotto i nostri piedi sembra un terrazzo non troppo solido, che dopo un passaggio più stretto, ci porta in un ambiente che sembra avere, dopo una breve risalita, la possibilità di andare avanti. Lorenzo parte con una risalita in autosicura, arriva in cima e… imprecazione: la via è chiusa! Resta comunque il piacere di trovare un’ennesima pozza d’acqua limpidissima contornata da un antro concrezionato ancora bianco.
S’è fatta “na certa”, è quasi mezzanotte, la stanchezza oltre il freddo cominciano ad impossessarsi delle due donzelle e i ragazzi, mossi da un’insolita tenerezza, ci propongono di scendere direttamente in Sala Agnese (non ci sembra vero). Matteo prende le distanze con il distox per verificare che la corda sia sufficiente, Lorenzo prepara gli attacchi e l’armo, Nadia si avventura per prima comunicando con voce rassicurante: “si vedono i pentolini!”. La corda sarà sufficiente per soli 2 metri in più, QB. Arrivate al campo sosteniamo i ragazzi nel rilievo puntando al caposaldo di Sala Agnese e poi ci dedichiamo al nostro ristoro e alla sistemazione per la notte mentre Lorenzo e Matteo risalgono per completare il rilievo dell’altro ramo del meandro e vedere se è possibile, forzando un po’, proseguire oltre.
Verso l’1,30 io e Nadia siamo nei sacchi a pelo, qualche parola e si spegne la luce, bellissima sensazione il solo rumore dell’acqua che scorre alla base del pozzo “8 e ½”; non riusciamo però a prendere sonno e dopo nemmeno 15 minuti arrivano i ragazzi, affamati e stanchi (meno male, pensavamo fossero bionici), il tempo di scambiarci le ultime impressioni e noi crolliamo in un sonno profondo con russamento incorporato della sottoscritta (stanchezza?), presto seguite dagli altri due.
Sveglia alle 11 della domenica, operazioni di sistemazione campo e preparazione materiale da lasciare e da riportare compreso un sacco quasi pieno di spazzatura. La domanda è: “Come mai siamo sempre a portare fuori dai campi più roba di quanta ne portiamo e usiamo? Magari un po’ più di rispetto da parte di tutti non sarebbe male!”
Siamo pronti per il rientro è l’una e mezza passata, via in progressione uno dopo l’altro si scende. Contiamo di incontrare i nostri compagni che avevano programmato un campo al Canin. Unica cosa degna di nota che spero possa essere utile anche ad altri è quanto mi è successo per inesperienza: in una delle calate del terzo ramo dove si trovano, nei terrazzini dopo calata, attacchi bassi rispetto alla progressione, ho agganciato la longe sulla parte alta dell’anello, sono andata in carico ed ho fatto il cambio di corda con il discensore, quando sono andata a slongiarmi ho trovato il moschettone della longe che si teneva sulla parte superiore dell’anello con il dito aperto, praticamente ero appesa su niente o poco più. Tutto è andato bene, ma sicuramente una bella lezione per me.
Ci riuniamo alla base del terzo ramo e ci incamminiamo su per i cunicoli del vento scivolosi, stretti, angusti, stanchezza accumulata e sacco al seguito: fatica! Al Canin ci concediamo un brodino caldo e una sosta per il pranzo, sono le 15,30 circa e non c’è traccia dei nostri compagni così ripartiamo verso l’uscita. Mai ho sentito così dura la Burella, pensavo si fosse allungata di qualche cento metri nella notte, sicuramente la stanchezza accumulata il giorno prima e non ancora recuperata, ma piano piano il ristoro al Canin fa il suo effetto e le gambe riprendono a funzionare come si deve. Saremo fuori qualche minuto prima delle 19 dopo esserci cambiati alla base dell’ingresso.
Un’aria fresca e tersa ci attende fuori del cancello, stanchi ma contenti. Una squadra non proprio omogenea nella tecnica e nella progressione, ma affiatata ed armonica: una bella miscela.
Solita sosta al Villa Anita dove Lorenzo si accorge che il palmare ha lo schermo rotto: NOOOO! Si rischia per la seconda volta che il rilievo del “Fatte i cazzi tui” debba essere rifatto… è una congiura, ma forse con qualche magia si riuscirà a recuperare quanto fatto. Vedremo!
Dolori ovunque tanto da poter studiare anatomia, ma così carica d’energia che il giorno dopo ero di nuovo pronta a tornare nei meandri della montagna.
Grazie ai miei compagni per questa appagante avventura.
Lucia